martedì 31 maggio 2011

Concorso d'Arte Contemporanea UNESCO


Manca solo un mese, in palio c'è un premio di 5mila dollari (e altri 10 da 500 dollari l'uno), le opere dei vincitori saranno esposte a New York, nell'Atrio del Palazzo di Vetro, sede centrale dell'ONU...

E' un concorso importante quello che la Cattedra UNESCO di Bioetica e Diritti Umani promuove per "Contemplare ogni vita con meraviglia e compassione". Tutte le informazioni del concorso puoi trovarle al sito: www.artebioetica.org

Qualsiasi artista è chiamato a rispondere alla domanda "Come rappresentare il rispetto verso le persone vulnerabili?", che riprende l'articolo 8 della Dichiarazione Universale di Bioetica e Diritti Umani, dove si afferma che individui e gruppi di particolare vulnerabilità devono essere tutelati e la loro integrità personale rispettata.

Sarebbe bello soffermarsi un pò sul significato di rispetto, un valore oggi tanto osannato e citato, ma preferisco, per non allungarmi troppo, ragionare su un altro punto: chi sono le persone vulnerabili?

Tu come risponderesti? Sapresti dire chi sono? Quante sono nel mondo? Tu potresti essere una persona vulnerabile? Non solo... esistono persone vulnerabili vicino a te? Se sì, tu cosa fai per loro?

Solitamente si distinguono due tipologie di soggetti vulnerabili:
1. dal punto di vista sociale, coloro che vivono in condizioni di svantaggio sociale ed economico.
2. dal punto di vista sanitario.

Effettivamente queste sono persone che, rispetto a tante altre, possiamo chiamare vulnerabili, hanno bisogno di maggiore attenzione, necessitano di un aiuto esterno. Queste due categorie sono ben individuabili, possiamo contarle, fare statistiche, stabilire quali programmi e progetti portare avanti per tutelarli e rispettarli.

Mi pare esista un'altra categoria di persone vulnerabili...
QUELLI che non vengono riconosciuti

Sì, probabilmente non te ne rendi conto, ma ci sono tante persone, tante vite, che non vengono proprio riconosciute come tali. Questi sono veramente i più vulnerabili, proprio perché non essendo riconosciuti da molti, non vengono nemmeno considerati, nessuno fa qualcosa per tutelarli e rispettarli... hai capito a chi mi riferisco?...

Gli artisti hanno un compito stupendo, loro possono veramente rendere visibile ciò che appare dimenticato, possono proporre ai nostri occhi la realtà invisibile, perché come è scritto ne Il Piccolo Principe "Solo col cuore possiamo vedere esattamente; ciò che è essenziale, è invisibile all'occhio".

Mi auguro di emozionarmi incredibilmente, scoprendo, nelle opere di questo concorso, qualcosa che molte volte non riconosciamo...

Anticipo un sincero "Grazie artisti!"

giovedì 26 maggio 2011

Superficiali o maturi?

Quando si diventa maturi? Quando raggiungiamo la piena maturità?

Alcuni dicono che corrisponda ad un dato anagrafico: è l'età alla quale un individuo si considera fuori dall'età infantile e passa dall'essere adolescente all'essere adulto. Sembra però che gli italiani diventino maturi prima degli statunitensi (18 anni contro i 21 degli USA), ma siamo nettamente battuti dai brasiliani, che diventano maturi a soli 16 anni...

Cosa ci sarà in Brasile che fa maturare prima le persone? Perché chi vive nello stato probabilmente più avanzato e potente, come gli Stati Uniti, ci mette così tanto a diventare maturo?

Lo stesso ragionamento si può fare con il concetto di maturità scolastica. E' vero che l'esame di maturità, che per molti si sta avvicinando, è un traguardo importante, ma cosa cambia profondamente in un giovane che finisce il liceo?

Se prendi un dizionario troverai diversi significati... soffermiamoci a quelli riferiti a noi uomini, che fortunatamente dopo essere diventati maturi non diventiamo marci come un frutto...

Maturo è chi ha raggiunto la compiutezza, chi è nella fase centrale della vita, chi è capace di ragionare e comportarsi da adulto (come se gli adulti fossero tutti maturi), chi è serio, ponderato ed equilibrato. Questo è ciò che puoi trovare in un dizionario, insieme a qualche altra definizione.

Io aggiungerei una definizione: chi vive in accordo con se stesso e con i propri valori.
Questa è una persona matura: chi riesce a mettere nella giusta posizione i pezzetti del puzzle della propria vita. In poche parole:

- una persona che possiede una perfetta armonia e domina le proprie facoltà
- una persona integrale, "tutta di un pezzo" come si direbbe
- chi sa fondere i vari aspetti del proprio carattere
- chi sa sorprenderci per la propria padronanza di sè
- un individuo che sa incanalare le proprie energie per raggiungere degli alti ideali
- un individuo che ha dei limiti, li accetta e si sforza per superarli
- chi è maturo sa mette le proprie qualità, affetti ed emozioni al servizio degli altri e della verità

Il contrario è una persona superficiale, che manca di veri principi, che semplicemente vive giorno per giorno, senza futuro, senza passato e probabilmente senza nemmeno presente (una moda molto comune oggi). Non ha ideali, non ha dei veri valori, perché non sa lo scopo della propria vita...

Chi non ha dei valori e non si comporta in accordo con questi... si potrebbe dire che "non vive", perché non si vive senza valori.

Rimane una domanda: quali valori scegliere per essere davvero maturi?

martedì 24 maggio 2011

Non rimandare sempre

Sarà capitato anche a te di dire "prima o poi lo faccio"... chissà quante volte... magari anche oggi...

Perché prenderti continuamente in giro, quando puoi imparare a non rimandare più quello che vuoi fare con poche e semplici strategie?

Decidi di fare una cosa, la vuoi veramente fare con tutte le tue forze e sai che la devi fare o poi sarà troppo tardi... eppure le ore passano e molte volte passano anche i giorni...

Leggi qui di seguito e scoprirai qualche efficace metodo per non dire più "prima o poi lo faccio".

1. Tieni quello che vuoi fare a portata di mano, anzi a portata d'occhio (scrivi quello che non vuoi più rimandare con un bel pennarello colorato su un foglio e attaccalo in un posto dove sei per la maggior parte del tuo tempo, o dove passi spesso).

2. Non mettere subito il turbo... anche per costruire una Ferrari testa rossa si parte da piccoli pezzi. Quindi non fissare subito dei traguardi irragionevoli.

3. Poniti piccoli obiettivi da ripetere costantemente (per esempio due pagine al giorno da leggere, 20 piegamenti al mattino e 20 alla sera...).

4. Lega quello che vuoi raggiungere a qualcosa che fai di routine (per esempio: appena alzato dal letto, prima di mangiare, ogni volta che...)

5. Convinciti non che "devi", ma che "vuoi".

Ah, se non hai ancora preso il pennarello colorato e fatto il primo punto, poi non lamentarti che rimandi sempre le cose... ;-)

Questi sono 5 piccoli consigli e ricorda che anche il fatto di rimandare sempre è un'abitudine (cattiva).

venerdì 20 maggio 2011

Educarci per educare il mondo intero!

Tra qualche settimana per la maggior parte degli studenti delle scuole italiane saranno finite le lezioni, per altri inizieranno gli esami di maturità (anche quelli poi finiranno), per altri ancora gli esami universitari… poi con l’estate tutti finiranno qualcosa (si spera).

Questo significa che terminato un percorso scolastico, fatta la maturità, presa la laurea, è terminato il cammino educativo di una persona?

Cosa significa davvero educare?

L’educazione è un percorso continuo di crescita dell’essere, che ci porta a comprendere che la vita è un costante miglioramento e ampliamento degli orizzonti. Un cammino verso il perfezionamento.

Ogni individuo ha delle opportunità ed è necessario dare a ciascuno le giuste opportunità per svilupparle.

L’educazione quindi non si può ridurre al solo percorso scolastico. Sarebbe solo una preparazione, un momento, una fase della vita che poi passa. Bisogna invece considerare l’educazione come lifelong learning, così ci dice anche l’UNESCO, un viaggio che dura tutta la vita.

Facendo diventare l’educazione un valore della nostra esistenza, si arriva a considerare ogni situazione come un’opportunità per educarci ed educare gli altri.

Non si vive più passivamente un momento, ma si sfrutta anche la situazione apparentemente più insignificante per accrescere la propria individualità.

Educare significa non solo plasmare le proprie capacità mentali, ma anche quelle comunicative, di relazione con il prossimo, quelle che riguardano il nostro corpo, che possiamo chiamare pratiche o manuali… in poche parole: tutto ciò che siamo.

Si arriva facilmente a capire che l’educazione, così intesa, nella sua pienezza abbraccia ogni ambito e settore della vita: famiglia, scuola, sport, lavoro, amicizia, salute…

Ecco alcune caratteristiche di chi ha capito tutto questo in profondità.

Chi possiede davvero questo valore:

- Non si sente mai superiore agli altri, perché saprà che da ogni incontro, da ogni situazione, potrà trarre qualcosa di importante e riuscirà a cogliere anche dalla persona più meschina e banale un’occasione di crescita.

- Non si stanca facilmente, perché sa riposare. Ha capito che una pausa, un “momento di non attività” come definirebbe qualcuno, non è perdere tempo, ma uno dei modi per educarsi, perché come diceva Maurice Zundel “L'educazione passa da anima ad anima con l'aiuto del silenzio”.

- È un attento osservatore: degli altri, di ciò che lo circonda e di se stesso. Quest’ultima è la prima osservazione che dobbiamo imparare (l’auto-osservazione), solo così possiamo meravigliarci anche delle piccole cose e, perché no, di noi stessi, che è qualcosa di unico, perché fa anche scaturire una sana soddisfazione ;-)

Non trovi che siano delle qualità da invidiare?

Ti ritrovi in queste caratteristiche o devi ancora fare qualche passo per conquistare questo valore?

Educarci per educare il mondo intero, diventa una delle frasi per ricordarci sempre che tutta la nostra vita nasconde un’infinità di possibilità per crescere…

sabato 14 maggio 2011

IL VALORE DELL'ABITUDINE

Ieri entrando in una stanza che conosco bene, è successo qualcosa che ha fatto nascere l’idea di questo post. Probabilmente sarà capitata anche a te una situazione simile.

Semplicemente ho aperto la porta, sono andato sicuro con la mano verso destra… ma l’interruttore non c’era. Così mi sono ricordato che avevano appena fatto dei lavori e avevano spostato l’interruttore della luce fuori dalla stanza e non dentro, dove era prima. Sapevo che era stato spostato fuori, eppure sono andato direttamente dove era precedentemente.

Subito mi sono corretto e ho acceso la luce, premendo l’interruttore esterno.

Quante volte, secondo te, dovrò ripetere questo “errore” prima di andare automaticamente sull’interruttore esistente? Insomma quante volte bisogna ripetere una condizione, affinché diventi automatica, naturale e precisa?

Le neuroscienze stanno facendo passi da giganti nella spiegazione di questi e altri fenomeni e alcuni affermano che servono in media 21-28 giorni per creare una vera e propria abitudine. In realtà uno studio pubblicato nell’ottobre 2010 sull’European Journal of Social Psychology afferma che il tempo per far propria un’abitudine va dai 18 ai 245 giorni (in media 66 giorni quindi) e varia in base all’attività e alle condizioni del soggetto (per esempio, per abituarsi a fare gli addominali tutte le mattine, ci vuole un po’ più tempo…).

Un’abitudine può essere qualcosa di cui non ci accorgiamo, può nascere silenziosamente in noi senza che noi riusciamo a stabilire un momento in cui questa determinata abitudine è cominciata. Questa possiamo chiamarla un’abitudine involontaria, meccanica o inferiore (anche se quest’ultimo termine non mi piace, perché sembra sempre che sia qualcosa di brutto, invece è qualcosa di importante).

Stesso tipo di abitudine è quella che facciamo per un mero piacere, che ci porta a ripetere e ripetere qualcosa, finché non diventa una vera e propria passione.

C’è un tipo di abitudine che non è solo una ripetizione meccanica di atti, ma è un valore che si fonda sulla natura razionale e volontaria dell’uomo. Possiamo chiamarla superiore o volontaria ed è una peculiarità di ognuno di noi. Inizia con un atto della nostra volontà (scegliamo di voler acquisire o di voler eliminare un’abitudine). Ovviamente non può rimanere solo un atto della volontà, ma si manifesterà anche in un atto del nostro corpo, un “nostro atto”… poi quando gli atti successivi diventano “involontari”, significa che l’atto ha preso l’aspetto di quello che chiamiamo abitudine.

Il solo meccanismo ripetitivo, quindi, non spiega la conquista selettiva di abitudini e nemmeno il fatto che fatichiamo tanto per conquistare o liberarci di un’abitudine. Pensa a quante volte vuoi smettere di fare qualcosa che ormai è diventato standard nella tua vita, qualcosa che ritieni negativo e che vuoi eliminare. Non è così facile. Non basta svegliarsi alla mattina e dire da oggi non mi comporto più così.

“Essere legati alle proprie abitudini” sottolinea proprio il fatto che le abitudini fanno parte della nostra vita, sono un valore che possiamo dimenticare (troppo spesso purtroppo), ma che non potremo mai eliminare dalla nostra vita.

Forse con un semplice esempio tutto risulta più chiaro. Ti sarà capitato qualche volta di dire “lo faccio per abitudine”. Questo racchiude la prima definizione di abitudine, quella che abbiamo chiamato involontaria, infatti l’esclamazione di prima la posso tradurre in: ho fatto qualcosa senza riflettere e seguendo una consuetudine fissatasi nel tempo.

Credo che la stessa affermazione non la direbbe mai uno sportivo parlando dei suoi risultati positivi in una gara, un artista davanti agli apprezzamenti per la bellezza di una sua opera, un chirurgo di fronte ad un intervento riuscito, ognuno di noi quando si accorge di aver fatto un buon giudizio critico di una situazione. Anche in queste situazioni è in gioco la nostra abitudine, ma quella che viene chiamata (non a caso) superiore.

Allo stesso modo: se non fossimo abituati all’impegno non potremmo compiere certe attività che lo richiedono e ci stancheremmo subito. Non riusciremmo a studiare ore e ore se non avessimo intenzionalmente sviluppato questa abitudine superiore (ecco perché fai così fatica) ;-).

Il nostro comportamento è il nostro modo abituale di vivere. Se vogliamo saperci comportare bene nelle diverse situazione della nostra vita, non possiamo considerare l’abitudine solo un esercizio, passività o inerzia.

L’abitudine è un valore immenso dell’uomo, proprio perché solo l’uomo può compiere atti che superano la loro meccanicità.

L’abitudine, troppo spesso sottovalutata, è una necessità della quale non possiamo fare a meno. Per Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant e Johann Gottlieb Fichte è qualcosa di negativo, che ci priva della libera iniziativa, della spontaneità… Io direi, invece, che è qualcosa che semmai perfeziona la nostra spontaneità fino a farla diventare, in taluni casi, un’opera d’arte (se consideriamo la libera iniziativa di un artista che si è abituato al gusto…).

In conclusione, vien naturale citare Plinio il Vecchio (o meglio Gaio Plinio Secondo): l'abitudine è in tutte le cose il miglior maestro.

Possiamo subirla passivamente, oppure farla diventare uno dei valori più belli e importanti della nostra vita.

Cosa ne pensi? Credi sia importante riscoprire questo valore e rendersi conto che, come diceva Jean Leclercq, “vivere è diventare automatici”?


mercoledì 11 maggio 2011

I 5 libri della tua vita


Vorrei presentarti una bella iniziativa di Bol.it, un modo interessante e facile per fare del bene e contribuire al futuro di tanti giovani.
Ti piacerebbe scegliere i libri che verranno letti in 4 scuole nel prossimi anni e che saranno ufficialmente inseriti nei loro programmi scolastici? Da domani lo puoi fare davvero!
L’iniziativa DonaBol (della libreria Bol.it) donerà a 4 scuole una biblioteca con i libri più citati nelle classifiche inviate dai navigatori tra il 12 e il 31 maggio 2011.
Mi è piaciuta questa possibilità lanciata in occasione del Salone Internazionale del libro di Torino, da un lato perché è facile parteciparvi, dall’altro perché si può fare qualcosa per gli altri in un duplice modo (“regalando” una biblioteca a 4 scuole e contribuendo alla formazione delle future generazioni di studenti).
Se ci pensi bene, il compito che viene affidato ai votanti, a tutti noi, è importante. Credo sia una scelta non da poco. Non si chiede semplicemente quali libri ti sono piaciuti, ma quali sono i libri della tua vita. Quali sono i libri che hanno influenzato maggiormente la tua esistenza, quelli che ti hanno trasmesso i valori che oggi stai seguendo e che vuoi condividere con gli altri.
Mancano circa 20 ore all’apertura delle votazioni (mentre sto scrivendo questo post), che partiranno il 12 maggio. Il modo più semplice è collegarsi al sito creato appositamente per l’evento, indicando i 5 libri della vita, oppure, se sei a Torino, puoi visitare lo stand BOL al salone del libro al padiglione 2, stand H126J125.
Leggere non ha mai fatto così bene!
Con il tuo aiuto, Bol.it donerà 4.800 libri
alle biblioteche di 4 scuole delle città
di Milano, Napoli, Palermo e Torino
Vorrei condividere con te i 5 libri che ho pensato di “regalare”, scrivendo anche il perché della mia scelta. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi e quali titoli vorresti proporre tu. Il tempo per cambiare idea c’è…
I primi due libri sono gli stessi della Top5 elencata da Maurizio Lastrico, poeta di Zelig e testimonial di questa iniziativa (c’è anche un divertente video promozionale).
  1. La Bibbia (Autori Vari), semplicemente perché come diceva Fëdor Michajlovič Dostoevskij “La Bibbia appartiene a tutti, agli atei e ai credenti in uguale misura. È il libro dell'umanità.”
  2. La Divina Commedia (Dante Alighieri)… devo spiegare il perché?
  3. Il Signore degli Anelli (John Ronald Reuel Tolkien), perché più che un libro è un’opera d’arte, un meraviglioso romanzo scritto da un genio al servizio della verità, che ripropone grandi valori: eroismo, fedeltà, sacrificio, amicizia, amore…
  4. Il Piccolo Principe (Antoine de Saint-Exupéry), perché è il libro che probabilmente forma ed educa nel modo più bello che esista, con semplicità e fantasia. Un vero concentrato di valori!
  5. Uomo Vivo – Le avventure di un Uomo Vivo (Gilbert Keith Chesterton). In primo luogo perché è il mio autore preferito in assoluto, poi perché è un testo che trasmette molto ottimismo, molta speranza. È una sintesi antropologica, dove si afferma che l'uomo è più se stesso quando in lui la gioia è fondamentale. Io credo che sia così, un uomo vivo è un uomo pieno di gioia!
Cosa ne pensi di questa lista? Quali libri dobbiamo consigliare come Top5?

martedì 3 maggio 2011

I valori del beato Giovanni Paolo II


“Pensiamo per un momento ai fondamentali valori della nostra civiltà: la dignità della persona, il carattere sacro della vita, il ruolo centrale della famiglia, l’importanza dell’istruzione, la libertà di pensiero, di parola e di professione delle proprie convinzioni o della propria religione, la tutela legale degli individui e dei gruppi, la collaborazione di tutti per il bene comune, il lavoro inteso come partecipazione all’opera precisa del Creatore, l’autorità dello Stato, a sua volta governato dalla legge e dalla ragione.

Questi valori appartengono al tesoro culturale dell’Europa, un tesoro che è il risultato di lunghe riflessioni, dibattiti e sofferenze…”

Queste parole di Giovanni Paolo II, insieme al grido d’amore che ha esteso con coraggio a tutta l’Europa da Santiago, sottolineano l’importanza dei valori nella vita di quest’uomo, Papa, beato che rimarrà per sempre nella storia come una delle figure più influenti e carismatiche di ogni tempo:

Ritrova te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Torna a vivere dei valori autentici che hanno reso gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza negli altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale, in un clima di pieno rispetto verso le altre religioni e le genuine libertà.

La sfida dei valori è la più forte che ci possa mai essere per tutte le persone e in modo particolare per i giovani. Per questo ho raccolto alcune frasi sui valori di Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla). Lui che è riuscito a parlare a tutti gli uomini, di ogni cultura, religione e luogo, ci può veramente insegnare qualcosa.